MI PRESENTO
Salve. Sono Sara Favarò.
O per meglio dire, la maggior parte di persone mi identifica con il nome Sara, ma c'è anche qualcuno che mi chiama Rosalba. Ho quindi due nomi e nessuno dei due è quello anagrafico.
Tutto ebbe origine alla mia nascita. I miei genitori, in rispetto ad un'antica usanza che voleva che ai figli s'imponessero i nomi dei nonni, mi misero "Rosaria". Quello era lo stesso nome con il quale, cinquant'anni prima, era stata registrata allo "stato civile" la mamma di mia madre, che però, nei suoi novantasei anni di vita fu sempre chiamata "Sara". … seppi della mia nativa identità solo in prima elementare.
Il primo giorno di scuola, … c'era chi piangeva, chi se ne stava silenziosa, contrita e appallottolata nel banco. Questo era in unico blocco con lo scrittorio e la seduta uniti da una robusta trave di legno, radente il pavimento, che, se non si stava attenti nel varcarla, si correva il rischio d'inciampare e andare a sbattere nel banco dirimpettaio. La maestra entrò in classe sorridente e tentò di accattivarsi l'attenzione proponendoci un bel giochino: l'appello! …
Era giunta alla F. … "Favarò Rosalia", chiamò, e mia sorella … estese il suo corpo, si allontanò lateralmente dal banco di un passo, sorpassando con accuratezza l'asta di legno e ad alta voce ripeté: "Presente!". Era stata così precisa nei movimenti ed aveva risposto con tale fierezza che avrei voluto applaudirla! … ora toccava a me! … ma la maestra chiamò un'altra Favarò che non avevo mai sentito nominare. … "Favarò Rosaria!!!", tuonò per la terza volta… Tentai di rivolgerle il mio sguardo indagatore quando lei, spazientita, interruppe ogni perplessità urlandomi: "Rosalba alzati!".
Mi alzai mogia e incredula, urtando goffamente quella stramaledetta sbarra nella quale in seguito sarei inciampata svariate volte, … La mia entrata in scena sul palco della scuola, subì quel giorno la sua prima mortificazione…
Non c'è uno senza due!
Il numero due (a partire dai miei due nomi) ha contraddistinto molti eventi della mia vita: taluni belli, certuni parallelamente brutti e belli, alcuni unicamente brutti.
Incomincio da questi ultimi, e non per catastrofismo ma perché, quasi sempre, ciò che in un determinato periodo ci appare come un fatto negativo spesso è propedeutico ad un avvenimento positivo. Ma andiamo ai fatti.
Frequentavo la seconda media quando i miei genitori si trasferirono, prima della chiusura dell'anno scolastico, a Palermo. La scuola del mio paese era situata all'interno del convento delle suore; … Furono proprio loro a proporre ai miei genitori di farci ultimare gli studi all'interno del collegio (uso il plurale perché la mia carriera scolastica, fino alle scuole superiori, è stata sempre accompagnata dalla presenza di mia sorella Lia, …). … Non la presi bene!
Scappai due volte e per due volte fui riacciuffata. … Finalmente venne giugno. … Un nuovo mondo mi aspettava: Palermo!
Purtroppo il mio primo giorno di scuola cittadino non fu meno drammatico del primo giorno di scuola paesano. …
In quella scuola insegnava un'altra nostra zia. E non si può dire che questa circostanza deponesse a nostro favore. … Come se non bastasse, mia sorella e io, giungevamo da un paese, anzi emigravamo, e questo, per le altezzose cittadine, era ulteriore motivo discriminante, esattamente come avveniva, in quegli anni, al nord dove in tanti si arrogavano il diritto di disprezzare gli emigranti del sud.
Le cose peggioravano se ci esprimevamo in dialetto. … Pur ferita dai loro epiteti, decisi, in perfetta contraddizione con loro, ma in assoluta sintonia con me stessa, di non rinunciare mai alla mia lingua madre. A pensarci bene non credo, però, che tale decisione abbia accelerato la nostra socializzazione scolastica.
Tutto è bene quel che finisce bene
Due nomi. Frequentavo la seconda media quando i miei si trasferirono in città. Due fallite evasioni dal collegio. Due "primi giorni" di scuola non propriamente entusiasmanti, ma poiché tutto è bene quel che finisce bene, non posso asserire che il due mi abbia portato male, anzi!
Mi chiamo come ho deciso. Amo Palermo. Se i miei tentativi di fuga non fossero falliti, avrei perduto il vantaggio di essere andata a scuola un anno prima. Se non avessi subito il disprezzo per le mie origini, probabilmente non ne avrei avuto nemmeno l'orgoglio. E poiché la quotidianità impigrisce i sentimenti, mentre la lontananza li vivifica (anche se talvolta impedisce di vedere i colori sfuocati, i toni bassi e le note stonate), se non fossi andata via dal mio paese, non avrei potuto amarlo e narrarlo con "Gli occhi del cuore".
Ma ciò in cui il numero due ha maggiormente dimostrato la sua energia dualistica è nel matrimonio. Ebbene sì! Ho al mio attivo due matrimoni! E pur nel dramma della separazione, che incide l'anima con lame ispide anche se fortemente voluta e non subita, è chiaro che se l'unione con il primo marito non fosse andata male, non avrei avuto la possibilità di averne un secondo. Ed ancora nella mia vita ritorna prepotenetemente il due. E' stato due anni dopo la separazione che ho incontrato lui: sole che squarcia, prepotentemente, le nuvole, radici del mio albero, padre della mia secondogenita.
Dimenticavo! E' il mio batterista!
Due meraviglie, anzi quattro!
Ogni notte ha le sue stelle!
Poco importa se talvolta non riusciamo a vederle perché non rivolgiamo lo sguardo al cielo, oppure perché l'arroganza delle nuvole frena il loro luccichio o, più semplicemente, perché le luci artificiali ci confondono la vista. Loro ci sono!
Due, più di tutte, brillano nel mio firmamento: le mie figlie!
Sono loro i miei occhi nella notte, il raggio che illumina i miei passi.
La più piccola ha ereditato da suo padre l'amore per il rock e il disegno. Strimpella la chitarra elettrica e non si stanca mai di ascoltare Red Hot Chili Peppers e Green Day. Un suo disegno è diventato copertina della musicassetta e del libricino da me realizzato in collaborazione con gli alunni di una scuola elementare di Palermo: Tempo d'estate 1997.
Quando accendo il computer una enorme bandiera della pace, molto simile a quella che impera sulla parete della sua stanza, compare sul desk a salutare la speranza: l'ha disegnata lei!
La primogenita è l'altra faccia della medaglia del mio primo matrimonio: quella positiva!
Quando ero piccola fantasticavo di diventare ballerina e lei ha dato corpo al mio sogno!
Il mio orgoglio di madre-artista ha toccato il cielo quando l'ho ammirata nel ruolo di Esmeralda, affidatole a Parigi in un affollatissimo provino. Sul treno che pubblicizzava in Europa il film "Il Gobbo di Notre Dame", lei danzava e dava volto alla bella gitana.
Da alcuni anni ha deciso di sospendere la carriera artistica per intraprenderne una molto impegnativa: quella di madre!
Grazie a lei, altre due stelle brillano nel mio cielo: i suoi figli!