SANTA ROSALIA


Introduzione

Amare Palermo vuol dire, anche, amare la sua cultura, le sue strade, i suoi monumenti, i suoi colori, i suoi contrasti, la sua luce, il suo buio, la sua gente, la sua storia, la sua Santuzza: Santa Rosalia. La Santa più popolare e più amata dai Palermitani.
Rosalia (1130-1156), discendente da famiglia nobile, nella sua breve vita, scelse l’eremitaggio. Per dodici anni visse nel bosco della Quisquina, a Santo Stefano Quisquina, nell’Agrigentino, si trasferì poi sul Monte Pellegrino, a Palermo, dove morì pochi anni dopo.
Si attribuisce alla sua intercessione il miracolo della salvezza dalla peste, in seguito al dichiarato ritrovamento delle sue ossa sul monte palermitano, nel 1624. Intercessione che la Santa aveva già concesso in altri secoli e altri luoghi, a Bivona (Agrigento) nel XIV secolo, e poi ancora nel XVI secolo.
Questa pubblicazione vuole essere un amorevole omaggio a Santa Rosalia, alla sua storia, ai suoi fedeli.
Sentimento condiviso da Toni Saetta, editore e curatore delle immagini del libro, la maggior parte delle quali sono sue recenti foto.
Il 27 giugno 2008, all’ora di pranzo, Toni si è recato al Santuario per realizzare il suo reportage. In quel frangente il luogo sacro era deserto. Toni ha scattato dei fotogrammi con la sua Olympus e al ritorno ci siamo incontrati, per esaminare le foto e scegliere quelle da pubblicare.
Le immagini scorrevano nello schermo quando, improvvisamente, diventiamo testimoni di un evento, sicuramente, nè programmato, nè voluto, nè auspicato.
In un fotogramma che ritrae un ex voto, una lastra argentea a forma di piede, di circa 10 centimetri, scorgiamo un’ombra. Ingrandiamo la foto e, dietro la sagoma scura e appena delineata di Toni in verticale, riflessa nell’argento, distinguiamo nettamente una figura umana disposta orizzontalmente e avvolta in una sorta di tunica celeste.
Ingrandiamo ulteriormente l’immagine e rimaniamo ancora più increduli e stupiti!
Non è la sola figura con sembianze umane ad essere rimasta impressa nella foto. Si indivivuano altre due sagome, anche se meno distinte. Tutte in orizzontale. Abbiamo voluto dare voce al nostro scetticismo ritornando, il 30 giugno, nella grotta della Santa, per cercare di capire. Non ci siamo riusciti!
Abbiamo scattato tante altre foto al piedino argenteo ma, per quanto ne spostassimo l’angolazione, le nostre immagini rimanevano riflesse in verticale e, per di più, appena accennate.
Ed anzi, proprio in una foto di quel giorno ad un altro ex voto, un’ulteriore figura cattura la nostra curiosità: un volto sfumato.
Poiché, come diceva Albert Einstein in Come io vedo il mondo: “Chi non è più in grado di provare né stupore né sorpresa è per così dire morto; i suoi occhi sono spenti”, noi ci siamo stupiti, ci siamo sorpresi.

Scetticismo, sorpresa, stupore, amore per la verità accompagnano la nostra decisione di pubblicare le foto (pagg 62, 71-73) e, contemporaneamente, metterle a disposizione degli Istituti scientifici e/o ecclesiastici per le valutazioni sia tecniche che religiose del caso.

Sara Favarò