PASQUA
dalla terra al cielo
PREFAZIONE
Dopo Natale nei canti popolari siciliani, edito nel 2002, Sara Favarò
adesso ci accompagna, in una «viaggio» affascinante, alla scoperta
di culto, usi e simboli di un'altra importante festa religiosa:
la Pasqua.
Come di consueto, da appassionata studiosa di tradizioni
popolari siciliane, ci propone il frutto di minuziose indagini e
documentate ricerche. Tuttavia, rispetto al lavoro precedente
(che per una scelta ben precisa si incentrava in particolare sui
canti popolari di cui indagava le tante sfaccettature) qui la ricerca,
pur supportata dalla stessa metodologia, si amplia, investe
un po' tutti i riti devozionali e le usanze pasquali, dai rosari e
preghiere (di cui ci propone un'ampia silloge, con molte trascrizioni
musicali) ai riti di preparazione, agli usi alimentari (persino
completi di ricette!) alle processioni, alle drammatizzazioni
etc. Ne viene fuori un quadro multiforme e articolato, anche territorialmente
(un'attenzione particolare è riservata a Vicari,
paese natale della Favarò) in cui il momento unificante è costituito
dal significato profondo della festa, al di là delle tradizioni
particolari di questo o quel paese o degli usi, molti dei quali
ormai non più praticati, in cui tale significato si esprime.
Proprio per questo, per arrivare cioè, attraverso il simbolo, alle
radici originarie della festa, ampio spazio è dedicato alla simbologia
mistagogica e numerologica, in un percorso a ritroso che ci
porta alla festa precristiana, al tempo mitico e al valore magicosacrale
e apotropaico dei riti legati al ciclo morte-rinasciata. In
questo contesto, particolare rilievo assume la puntuale indagine
sui numeri ricorrenti nella Pasqua, col loro puntuale riferimento
al connubio umano - divino e alla cosiddetta «quadratura del
cerchio» (cap. I).
Tali considerazioni ci danno la misura di come tratto caratterizzante
del libro sia proprio il volere andare oltre la semplice
illustrazione dei riti pasquali per interrogarsi, con inesausta
curiosità, sulle loro motivazioni nascoste.
Bene esprime questa ricerca appassionata la stessa Autrice
nella sua nota introduttiva al volume, quando afferma «mi sono
addentrata nel campo dei perchè con semplicità ed entusiasmo,
ogni riscontro mi ha regalato la contentezza del principiante che
più scopre e più comprende quanto siano poche le cose che
conosce …».
C'è tutta Sara Favarò in questo libro: la musicista-interprete,
studiosa di canti popolari per l'accurata raccolta di testimonianze
spesso supportate da ricerche «sul campo»; la scrittrice (ricordiamo
Il coraggio delle donne, in cui le doti narrative si uniscono
alla forza della denuncia sociale) per il suo stile sempre coinvolgente;
la poetessa, per la sensibilità con cui si accosta all'universo
popolare, condividendone memoria e sentimenti, per quell'empatia
che permette di percepire le emozioni, al di là dei dati
obiettivi. Ma, soprattutto, c'è la donna che coltiva - per usare
ancora le sue stesse parole - la «benefica pianta della curiosità»
e ricerca il nutrimento della mente, per poi condividere generosamente
con i lettori di questo libro, che ci auguriamo partecipi
e numerosi, i frutti della sua ricerca.
Eliana Calandra
Direttrice del Museo Pitrè
POSTFAZIONE
I fatti di ogni giorno ci offrono un quadro piuttosto chiaro di una società per molti versi malata. Alla base non tanto una sovrabbondanza di emozioni, quanto piuttosto un eccesso di razionalità. La stessa che spesso riesce a metterci di fronte al vacillare dei valori. Accanto a questa, che è una crisi moderna, il persistere di un antico fantasma: la paura della morte. Così, di fronte al baratro creato dalle incertezze e dall'idea del nulla che verrà, nasce il bisogno disperato di appigliarsi ad un punto fermo, ad una concretezza, pur se effimera. Deve l'uomo trovare una possibilità che gli consenta di uscire dalle sue angosce e, di frequente, la trova nella religione. E in essa, nel contempo, coglie anche la bramata opportunità di gestire l'ancestrale paura della morte. È così che grazie ai cerimoniali religiosi, molti dei quali con tanto amore e tanta certosina attenzione raccolti, studiati e riportati in questo libro da Sara Favarò, l'idea del nulla si frantuma e si disperde. Quasi ogni simbolismo religioso ha le forme del culto dei morti e della loro resurrezione. La Pasqua, per l'appunto, celebra una rinascita in forma divina, dopo il passaggio attraverso il dolore e la morte. L'Autrice di Vicari, in «Pasqua dalla terra il cielo» ci porge una ricca gamma di riti e usanze pasquali raccolti dalla viva voce di molti anziani del suo paese. Nostalgici vecchietti, riesumando antichi ricordi, hanno raccontato alla Favarò ciò che solevano fare le loro mamme nei giorni di preparazione alla Pasqua. Sono così emerse scene ormai desuete, come la battitura dei materassi che, al di là della sua funzione pratica, aveva una sua valenza simbolica, strettamente legata alla resurrezione. Narrazioni calde e commosse di usanze centenarie delle quali, se non fosse per opere come questa, non resterebbe memoria. I simboli, in quest'ottica, possono essere considerati dei tasselli di riconoscimento, dei marchi di identificazione, dei segni di appartenenza. E la funzione primaria della loro riproduzione è di esorcizzare la morte, di evocarla per renderla innocua. E ciò che sottilmente accomuna i simboli, oltre alla difesa contro l'ansia di morte, è il desiderio di far prevalere il bene sul male. Il bene, nel modo semplice della gente del paese tanto caro all'Autrice, ma che per l'universalità del concetto potrebbe essere qualsiasi altro paese del mondo, ha la meglio. Il bene prevale sempre sul male, in modo spesso divertente, come in quel passo in cui viene riportato che la gente del luogo riusciva, con buffi stratagemmi, a raggirare il demonio. Una riflessione sui riti riportati da Sara Favarò ci riconduce ad una considerazione di Carl Gustav Jung secondo il quale «l'uomo è naturalmente religioso ». Al punto da potere affermare che la religione ha la stessa forza dell'istinto sessuale o dell'aggressività. Oltre a rivestire, naturalmente, una funzione fortemente consolatoria. Ciò spiegherebbe il perchè molti individui non solo liberano la propria nevrosi riprendendo le pratiche religiose in cui credono, ma riescono a gestire con maggiore equilibrio gli eventi fortemente dolorosi rispetto a quanto non siano in grado di fare coloro che sono lontani dalla fede. Indicativo è anche come, fra le persone anziane, la misura del benessere possa essere facilmente rapportata alla loro fede religiosa. All'origine delle esperienze religiose da cui derivano i riti e i dogmi dei fedeli lo stesso Jung pose gli Archetipi. E ritenne però che gran parte di questa elementare esperienza sacra non venisse convogliata nella religione tradizionale. D'altronde, che l'uomo sia «naturalmente» religioso può essere dimostrato dalla manifestazione di sentimenti e atteggiamenti religiosi anche da parte di coloro che si proclamano non credenti. In questa prospettiva diviene possibile comprendere l'effetto rassicurante di certe ritualità. Le ragioni per le quali riti e usanze che hanno radici lontane vengano puntualmente riprodotti generando negli «attori» un profondo stato di gioia e di pace. Ed è ciò, tutto sommato, cui l'uomo naturalmente tende. Ritengo doveroso e opportuno aggiungere, volutamente in conclusione della mia riflessione, che una nota apprezzabile del lavoro di Sara Favarò è l'aver travalicato l'aspetto puramente folkloristico della Pasqua. L'Autrice ha infatti operato un'attenta analisi del culto al di là dei significati ad esso comunemente attribuiti giungendo ad un convincente raffronto fra fede popolare e fede colta. Offrendo al lettore chiare chiavi di lettura affinchè egli passi dal mistero della fede ad una cognizione degli atti di fede.
Alessandra Muschella
Psicologa