Il suicidato
Prefazione di
Salvatore Borsellino
Prefazione
C'è una immagine che ha ispirato tanti artisti, ma che in Michelangelo
ha trovato il vertice, mai più raggiungibile, dell'espressione di un dolore
che può solo essere immaginato ma mai veramente capito da chiunque
se non da una madre.
Il dolore di chi vede il proprio figlio morire, in maniera innaturale
rispetto al corso della vita, prima di chi gli ha dato la vita e quella vita
lo vede abbandonare prima che la sua stessa vita, la vita di chi lo ha
generato, giunga al termine
Ma c'è un dolore ancora più grande, il dolore di una madre, una madre
come Angela Manca, che vede il proprio figlio non soltanto morire, ma
essere anche scempiato dopo la morte.
Non solo nel corpo, massacrato dai segni di un accanimento bestiale,
ma anche nella memoria, infangata dall'accusa di essere dedito alla droga,
di essersi lui stesso tolto quella vita che invece tanto amava.
E questo contro ogni evidenza, con depistaggi, con autopsie lacunose
se non contraffatte, con sparizione di telefonate, con occultamento di
prove, con cancellazione di impronte, con "suicidi" di pentiti, con decisioni
processuali addirittura offensive dove si nega la costituzione di
parte civile alla famiglia della vittima asserendo che non hanno subito
nessun danno dalla morte del loro congiunto.
E come se non bastasse anche con una vera e propria intimidazione
degli avvocati di parte civile di cui uno, Antonio Ingroia, viene iscritto
nel registro degli indagati per una affermazione fatta nel corso del dibattimento.
Cosa ha visto Attilio a Marsiglia in quei giorni di ottobre
del 2003?
Giorni in cui anche Provenzano era a Marsiglia per un intervento alla
prostata per via laparoscopica, operazione che soltanto Attilio in Italia,
insieme a pochi altri, era in grado di eseguire.
Non credo potesse bastare l'aver visto il latitante Provenzano, non sarebbe
bastato questo per riservargli la sua terribile fine e tutto il castello
di falsità e di depistaggi che gli è stato costruito intorno.
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Sara Favarò
Attorno a quel letto, in quella stanza, a proteggere la latitanza di Provenzano
e ad assicurarne la salute, Attiliio deve avere visto qualcuno che
non doveva essere li, qualcuno appartenente a quei servizi deviati per
cui Provenzano, garante dalla parte della mafia di quella stessa scellerata
trattativa che è costata la vita a Paolo Borsellino, era una pedina fondamentale
ed imprescindibile.
Qualcuno come quell'uomo, appartenente allo stesso Stato Deviato che
Spatuzza ha dichiarato di avere visto in un garage di Palermo a garantire
la preparazione della 126 per la strage che di li a poche ore doveva essere
perpetrata in Vita D'Amelio.
Per questi motivi, perchè non corrano il rischio di essere messe alla
luce le nefandezze di questo Stato parallelo, lo stesso Stato deviato arriva
a sguinzagliare i suoi assassini e a costruire poi quel castello di depistaggi
e di macigni disseminati sulla strada della Giustizia che carattterizzano
queste stragi e questi omicidi. Qualsiasi donna avrebbe potuto essere distrutta
da vicende come questa, qualsiasi donna ma non una madre, non
Angela Manca che al di la del dolore con cui ha imparato a convivere,
vuole continuare a vivere per potere rendere giustizia a quel figlio che
ha generato e che ora, da morto, è come se tenesse in braccio, come in
quella Pietà che aveva tanti anni prima vista a Roma e davanti alla quale
era rimasta come stordita.
Me lo ha raccontato lei stessa come, in Vaticano, davanti a quell'altra
madre che teneva il figlio tra le sue braccia, un figlio anche quello oltraggiato,
deriso con una corona di spine e crocifisso in mezzo ai ladroni, era
rimasta, come per un presentimento, a guardarla senza sapere staccare gli
occhi da quella immagine di dolore e insiemedi tenerezza infinita.
E mi è venuto in mente, mentre sentivo il suo racconto, l'espressione
che avevo visto sul viso di mia madre, quando aveva voluto venire a trovarmi
a Milano, la città dove abito dopo avere lasciato la mia Palermo,
allo scopo preciso di andare a visitare, al Castello Sforzesco, l'altra Pietà
di Michelangelo, la Pietà Rondanini.
Una Pietà così diversa dall'altra e pure così possente nella sua voluta
incompiutezza nell'emergere dal blocco di marmo che la generava.
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Il suicidato
Ho ancora dentro i miei occhi l'espressione di mia madre mentre guardava
quella statua e sono certo che fosse la stessa espressione di Angela
mentre, stordita da un presagio che aveva colpito il suo animo, guardava
quell'altra Pietà.
Forse è per questo che nonostante Angela Manca abbia quasi la mia età
non riesco a guardarla come una
sorella e quando la abbraccio mi sembra piuttosto di abbracciare mia
madre. Ho l'istinto di chiamarla con quel nome con il quale, ora la mia
mamma è morta ed è andata a raggiungere quel figlio che le è stato strappato,
non potrò più chiamare nessuno
Anche mia madre ha provato l'immenso dolore di vedere suo figlio ucciso,
suo figlio morire prima di lei, ma suo figlio è stato fatto a pezzi solo
nel corpo, come i cinque ragazzi che sapevano di morire insieme a lui,
ma a suo figlio è stato risparmiato quello che è toccato ad Attilio, essere
fatto a pezzi dopo morto, essere accusato di essere schiavo della droga, di
essersi lui stesso tolto la vita.
La lettura del libro, li dove racconta di Angela che, seduta nella stanza
del figlio, come per continuare a stare insieme a lui legge i libri che lui
leggeva, mi ha riempito di emozione.
Perchè in quella stanza ci sono stato anche io, in quella stanza ci ho
dormito anche io, e già allora mi ero reso conto dell'immenso dono che
Angela mi stava facendo offrendomi per dormire il letto di suo figlio.
È successo questa estate, quando, per rendere onore ad Attilio, insieme
con i ciclisti che riportavano idealmente a Palermo , a Paolo, l'Agenda
Rossa sparita, abbiamo voluto sostare a Barcellona Pozzo di Gotto per
rendere onore ad Attilio e alla lotta della famiglia Manca.
Prima di addormentarmi, quella notte, guardavo accanto a me la libreria
e pensavo che quelli erano i suoi libri, che quello che io avevo attorno erano
le stesse cose che guardava Attilio prima di addormentarsi e capivo l'affetto
che Angela mi aveva dimostrato facendomi dormire in quella stanza.
Ringrazio Sara Favarò di averci voluto raccontare, con la sua sensibilità,
delicatezza e affetto, corredata da una puntuale raccolta di analisi, ricordi
e testimonianze la storia di questo impossibile "suicidio" ma soprattutto
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Sara Favarò
per averci saputo mostrare la forza, la determinazione di questa mamma,
di Angela Manca contro un sistema di potere corrotto e colluso che per
coprire le sue infamie, per nascondere la terribile realtà di una scellerata
trattativa tra mafia e Stato, non esita ad infangare e a calpestare la memoria
di suo figlio.
Contro tutto questo Angela leva il suo grido, ed è il mio stesso stesso
grido, quello di "lottare fino all'ultimo giorno della mia vita", della nostra
vita Angela perchè, come diceva mia madre, il sogno di Paolo, e il sogno
di Attilio, possano vivere per sempre.
Salvatore Borsellinoon